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Comunicare bene fa bene alla salute

Ogni giorno, esattamente come accade a tutti, ho a che fare con le gente.

Non mi sto riferendo soltanto all’aspetto lavorativo. Mi riferisco soprattutto alla mia quotidianità fatta di incontri con altre persone quando vado al supermercato piuttosto che dal benzinaio o in palestra.

Sarà per deformazione personale, ma vedo che esattamente come accade nelle aziende, anche nella quotidianità, al di fuori dei contesti lavorativi, uno dei problemi più gravi che mina le relazioni, è l’incapacità di comunicare in maniera efficace.

Non sto dicendo che le persone non sanno parlare. Sto dicendo che quello che ascoltano, quello che elaborano nella testa, quello che dicono e quello che fanno, molto spesso sono in totale contrasto. Qui si apre uno scenario sulle maschere che indossiamo piuttosto che sugli autoinganni che costantemente agiamo noi stessi per poter vivere il più serenamente possibile. Ma ne parliamo in un altro momento.

Il post di oggi si riallaccia un po’ a quanto detto in precedenza sulla differenza tra il sentire e l’ascoltare scritto nel post “L’importanza dell’ascolto”.

La corretta comunicazione determina il successo o meno delle relazioni. Quindi influisce in maniera preponderante sulla sfera personale e su quella lavorativa. Questo aspetto costituisce la differenza tra il riuscire e il non riuscire.

Tutti dovrebbero saper comunicare efficacemente, ma se questo aspetto può essere lievemente meno importante in alcuni ambiti, è determinante che lo sia in tutte le aziende e soprattutto all’interno delle aziende ospedaliere.

Se posso accettare che il mio meccanico mi dica “vediamo se il guasto e riparabile, altrimenti butta quel catorcio”, non posso accettare che alla prima visita ginecologica del primo figlio, con tutte le aspettative che hanno i neo genitori, l’ostetrica di turno ci accoglie dicendo “vediamo se questo feto è in utero o se dobbiamo…”. Non proseguo la frase. Secondo voi come ci siamo sentiti io e mia moglie?

Questo è solo un esempio che è capitato a me personalmente. Ovviamente potrei menzionarne tanti, ma credo che ognuno di noi potrebbe dire la propria e non basterebbe una vita intera per leggere tutti gli episodi che ognuno di noi ha vissuto.

Ho avuto modo di osservare che la l’aspetto relativo ad una buona “comunicazione” all’interno degli ospedali è assente, come se il sapere come dire una cosa è trascurabile nei confronti di quello che si ha da dire. Come se, non fosse fondamentale per la salute il saper comunicare efficacemente.

Si riserva molta importanza al contenuto dell’informazione, frutto di un ragionamento logico. D’altronde siamo in ospedale e ciò che conta sono i dati empirici frutto di ragionamenti logici di causalità. Però si trascura completamente la modalità in cui l’informazione viene trasmessa.

Faccio un esempio. Cosa penseresti se ti dicessi che sei un tirchio? E cosa se invece ti dicessi che sei una persona parsimoniosa. Ho detto la stessa cosa, ma l’impatto delle due frasi è totalmente diverso anche se contengono lo stesso messaggio.

Ora immagina di dover parlare con un paziente ed usare la prima modalità di comunicazione sopra descritta. Come la prende il paziente? Come reagirà all’informazione?

Premetto che non ho nulla contro la categoria dei medici, degli infermieri e di chiunque abbia a che fare con la sanità. Non contesto il loro preziosissimo operato, anzi. Al limite contesto le scuole in cui si sono formati e specializzati. Non è colpa loro se questa materia non è stata approfondita.

Ma come si fa a non dare risalto ad una materia importante come la comunicazione nelle università con specializzazioni che danno sbocco nel settore sanitario? I medici e gli infermieri si trovano a fare un delicatissimo lavoro. Loro sono gli angeli terreni che con il loro lavoro contribuiscono a riportare la salute, e quindi la felicità, ai malati.

Se gli organi formativi, non hanno capito l’importanza che riveste la comunicazione e la maniera in cui la modalità di comunicare può impattare con la sensibilità di chi ascolta, non mi meraviglia parlare con professori che non si sanno esprimere o che si esprimono con contenuti privi di forma.

Non mi dilungo sull’importanza di avere un morale alto per poter combattere i malesseri fisici. Questo è noto già da migliaia di anni.

La cattiva comunicazione, intesa soprattutto come quella che trascura gli effetti del come si espongono i propri pensieri, molto spesso è figlia del non ascoltare. L’ascolto attivo è una prerogativa imprescindibile per poter comunicare in maniera efficace.

Mi auguro che la formazione relativa anche alla comunicazione si integri presto anche nei contesti sanitari, non rimanendo una prerogativa delle sole aziende commerciali.

Se mai ci fosse qualcuno che si è sentito attaccato personalmente, come se mi riferissi al singolo e non ad un sistema di cui lui stesso è vittima, è evidente che non ha capito lo spirito dell’articolo. Gli consiglio di leggere gli altri post del mio blog relativi alla comunicazione ed all’ascolto o di contattarmi via e-mail 🙂

A te cosa è successo? Ti va di raccontare brevemente un episodio che ti ha visto vittima di una cattiva comunicazione? Usa lo spazio qui sotto per farlo.

M.C.

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